Non è una novità che alcuni paesi europei avevano visto male la transizione ecologica contenuta nel pacchetto Fit For 55 per la dismissione delle motorizzazioni endotermiche al 2035. Germania, Polonia e Italia, in primis, quali maggiori produttori di componenti e un forte indotto verso le case costruttrici, hanno da subito manifestato la loro titubanza, anche se a onor del vero con ritardo, manifestando timidamente che tale decisione abrebbe potuto incidere anche sull’occupazione. Rammentiamo che il parlamento europeo aveva respinto la proposta, che includeva i biocarburanti come fonte energetica alternativa per ridurre le emissioni, e anche la proposta che misurava invece le emissioni di un veicolo durante tutto il suo ciclo di vita, a cominciare dal processo di fabbricazione. Miopia? Politica orientata escusivamente alla decarbonizzazione? Pressione di alcune lobby?
Che qualcosa cominciasse a non funzionare nella decisione presa nel 2022 si è cominciato a vedere dopo che alcuni studi hanno evidenziato che le emissioni dei veicoli elettrici non sono uguali a zero, se si tiene contro dell’intero ciclo dalla fabbricazione, comprese le batterie.
Le osservazioni preoccupate rivolte alla Commissione UE, non avevano sinora inciso più di tanto se non costringere a rivedere i conteggio delle emissioni dei veicoli elettrici a partire dalla produzione dei suoi principali componenti (la batteria), entro il 2026.
C’è voluta la crisi nella vendite delle auto per riaccendere la questione a livello politico, in particolare Italia e Germania, che hanno visto crollare le vendite di veicoli a livelli insostenibili, tanto da mettere in cassa integrazione migliaia di lavoratori se non prevedere licenziamenti per qualche decina di migliaia con chiusura o diminuzione di attività di alcuni stabilimenti.
In questo contesto non si può negare anche una compiacenza di alcuni manager, che gestiscono i maggiori gruppi di costruttori, che hanno investito miliardi su piattaforme dedicate al veicolo elettrico trascurando quello con motorizzazioni endotermiche. Ora che il mercato comincia a dettare la sua legge con il calo di vendite e l’entrata nel mercato Europeo dei veicoli Cinesi a prezzi altamente concorrenziali, tutti si stanno muovendo nella direzione di costringere la UE a modificare la riforma verso il mantenimento dei motori endotermici, magari alimentati con carburanti alternativi a quelli fossili.
Premesso che la nostra visione è sempre stata quella di essere favorevoli ai veicoli elettrici e al contenimento delle emissioni di CO2 in atmosfera, abbiamo sempre pensato che puntare tutto sull’elettrico, con l’attuale tecnologia delle batterie, sarebbe stato un grave errore. Il veicolo elettrico ha la sua ragione di esistere come alternativa in alcuni settori del trasporto interno e su strada, nel settore delle imbarcazioni da diporto, nell’industria, addirittura nell’aviazione leggera e principalmente sui veicoli per la mobilità nei centri abitati. Insomma una mobilità di nicchia che però non escludesse gli altri tipi di mobilità.
Ora la resa dei conti, decretata dalla crisi profonda delle vendite e il crollo di quella dei veicoli elettrici. La battaglia verso la UE, di chi sinora si è tenuto nell’ombra a favore delle motorizzazioni endotermiche, è cominciata.
Se son rose fioriranno.
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