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Passano gli anni, cambiano i personaggi, si modificano le strategie, ma il conflitto tra chi paga la maggior parte delle riparazioni (assicurazioni) e i carrozzieri, rimane acceso. Il tema, guarda caso è sempre lo stesso: tariffe di mano d’opera e costi dei materiali di consumo inadeguati alle nuove tecniche riparative ed alle esigenze sempre maggiori del mercato in tema di servizi.
Correva l’anno 1992 e per la prima volta veniva siglato un accordo tra l’associazione delle imprese di assicurazione (Ania), le maggiori associazioni rappresentative dei carrozzieri e quelle dei consumatori, nel quale venivano stabilite regole comportamentali ed economiche. L’accordo negli anni aveva visto l’adesione della maggior parte dei carrozzieri ed ha funzionato fino al 2003, anno in cui l’Antitrust ne ha decretata la fine. Sono passati quasi vent’anni di libertà ed autonomia dove il carrozziere ha potuto scegliere la propria tariffa e i propri parametri di riferimento. Tenuto conto delle lamentele, evidentemente questa “libertà” non ha prodotto i risultati sperati, ma oggi il malcontento è diventato più acceso, forse dovuto al fatto che le nuove tecnologie, necessarie per fare un lavoro in garanzia e sicurezza dell’auto, impongono maggiori professionalità, attrezzature sofisticate e formazione costante sui prodotti. Se a questo aggiungiamo anche i servizi alla clientela, ormai diventati una logica aspettativa: auto di cortesia, ritiro e consegna a domicilio, sanificazione e pulizia generale, gestione del sinistro, ci si rende conto che qualcosa non quadra. Chi è riuscito a fare il salto trasformando la propria impresa da artigiana a industriale, ha la necessità di fare accordi con chi ha la facoltà di canalizzare il lavoro (flotte e assicurazioni) per mantenere sufficientemente elevata la produzione, in considerazione che le nuove tecnologie hanno ridotto sia il numero che l’entità delle riparazioni. Ma a tutto ciò non corrisponde una regola economica che valorizzi chi è in grado di fornire un servizio completo e garantito da chi per vari motivi logistici o di scelta, ha dei limiti.
Ritornando all’accordo testé citato, questa “differenziazione” esisteva, prendeva cioè atto che i carrozzieri non sono tutti uguali e quindi li differenziava per l’attrezzatura, i servizi resi e la logistica, attribuendo loro diversi centri di costo. L’unica cosa che li univa era la garanzia sulla qualità della riparazione.
Oggi tutto è lasciato alla libera scelta, anche per ciò che riguarda la professionalità. A poco valgono le iniziative private volte a classificare con propri protocolli e regole più o meno empiriche i “più buoni” dai “meno buoni”. Si tratta di iniziative private prive di valore giuridico e quindi fine a se stesse o per chi le propone, ma che incidono ben poco sui programmi di chi deve pagare i sinistri di “massa”, cioè i maggiori gruppi assicurativi. Questo genere di attività, che coinvolge la sicurezza dei veicoli e quindi anche quella dei cittadini, deve essere prerogativa di una regolamentazione nazionale, che non può che avvenire attraverso un’azione politica, supportata dalle associazioni di categoria. Solo così si riuscirà a tutelare i consumatori e la sicurezza dei cittadini e rendere partecipi e responsabili tutti gli autoriparatori, gratificandoli con il giusto costo della riparazione.

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