Non ci riferiamo tanto alla famosa frase di Galileo, ma a quello che sta avvenendo nel mercato della componentistica italiano. Abbiamo assistito nei mesi scorsi a critiche aspre su quello che avrebbe comportato la transizione ecologica e il cambio della mobilità verso i veicoli elettrici. Perdita di posti di lavoro, aziende che chiuderanno, la filiera dell’autonotive e dell’autoriparazione in crisi, richiesta di incentivi al Governo e via di seguito. Noi abbiamo sempre sostenuto che a cambiamenti epocali (e questo lo è) occorrono anche adattamenti, da parte di chi li subisce, altrettanto epocali. Certo che un aiutino dal Governo non si nega a nessuno, ma il compito della svolta industriale, spetta agli imprenditori. Il tempo per fare la conversione (magari parallela a quella attuale) degli impianti e di tutto l’indotto, compreso i destinatari dei nuovi componenti, c’è. E’ evidente che in tale frangente occorre molta fantasia, anzi, ricerca tecnologica, ma questa – è stato dimostrato – non manca all’imprenditoria italiana. Tutto ciò, pare confermato, dai dati e che la nostra modesta visione abbia colto nel segno.
Il 70% delle aziende lavora ancora su tecnologie basate sulla benzina e diesel. Ma la buona notizia è che complessivamente circa il 40% si dedica alla propulsione elettrica e ibrida, mentre il 20,6% a quella a idrogeno e fuel cells (fonte Il Sole 24 ore). Siamo ancora in una fase critica sia per la produzione di auto sia di mercato, ma non per l’esportazione che invece è cresciuta al 78,6%, mai andata meglio, miglior dato degli ultimi cinque anni.
Di strada ce n’è ancora molta da fare, ma il percorso è ormai tracciato, siamo in una fase di completamento, ma la transizione tecnologica sarà sicuramente completata nei tempi previsti, senza particolari scossoni e tutte le previsioni pessimistiche troveranno un naturale assestamento. Quindi, anche se lentamente, trova giustificazione la frase del titolo: Eppur si muove.
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