Dal 1° marzo è entrata in vigore la nuova etichetta energetica per gli elettrodomestici in genere: lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e display (monitore e tv) esclusi smartphone e laptop. Scatta anche l’obbligo per i fabbricanti di progettare e vendere apparecchi più facilmente riparabili e smaltibili. Inoltre la direttiva pone l’obbligo per i produttori di rendere disponibili la maggior parte dei pezzi di ricambio per 7-10 anni, a seconda del prodotto, dopo il ritiro dello stesso dal mercato. Qualcuno si chiederà cosa c’entra questo con l’autoriparazione? Bhe! Direttamente nulla, ma indirettamente molto perchè si fa esplicito riferimento al fatto che il contenuto nella direttiva si rivolge ai riparatori professionisti, chi cioè svolge ufficialmente questo mestiere, escludendo gli autoriparatori, nonché le iniziative senza scopo di lucro ed educative. In questo caso i produttori devono garantire l’accesso ai manuali di riparazione, così pure sui ricambi, dopo due anni dal lancio di un prodotto, mantenendo potenzialmente un monopolio iniziale sulle riparazioni, indipendentemente dallo stato della garanzia. Lo scopo della direttiva è evidentemente quello di tutelare il consumatore da tentativi neanche tanto occulti di obsolesenza prematura, programmata o costretta commercialmente dal prezzo dei ricambi. In effetti la campagna Right to Repair promossa da alcune associazioni di consumatori ha pubblicato un elenco di criticità che la Direttiva Ecodesign non riesce a risolvere per le quattro categorie di elettrodomestici. Funzionerà?
Come possiamo vedere tutto il mondo della riparazione, qualunque sia il settore, trova sempre lobby da affrontare e direttive da superare.
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