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Una crisi prevedibile

Siamo solo all’inizio di un periodo che allo stato attuale non vede soluzioni. Le grandi fabbriche di costruttori chiudono gli impianti, alcune parzialmente e temporaneamente altre definitivamente,  come il Gruppo Volkswagen in Cina che ha ceduto ai cinesi una delle principali fabbriche di auto. Le altre fabbriche arrancano alla ricerca di soluzioni dopo che il mercato ha decretato il fallimento nelle vendite dell’auto elettrica, ma contemporaneamente, anche di quello delle motorizzazioni tradizionali. Scelte errate e pressapochiste della UE, a cui hanno fatto seguito quelle consequenziali dei costruttori di veicoli, senza fare il conto con le diverse realtà economiche e i costi con gli altri mercati, in particolare la Cina, che hanno portato al collasso i fabbricanti europei e i paesi maggiormente interessati alla filiera dei componenti e dell’aftermarket.

Il veicolo elettrico a buon mercato

Chi ha visto le pubblicità di veicoli Cinesi, anche assemblati in Italia, si sarà reso conto del divario di prezzo tra un prodotto analogo  cinese e quello europeo. La differenza economica è enorme e la qualità, tenuto conto che le ormologazioni sono uguali, per dotazioni di sicurezza, confort e quant’altro, a parità di segmento, si aggira non meno del 30% e in qualche caso anche di più, se teniamo conto delle rateizzazioni favorevoli.
Il consumatore se deve fare un investimento nel tempo, considerato che oggi privilegia l’uso del mezzo, sceglie dove ha il maggior risparmio economico, e questo di conseguenza permettte il collasso dei veicoli europei.

UE, scelte errate

La miopia dei decisori europei e l’apatia dei costruttori, che non hanno calcolato con cognizione di causa l’impatto ecologico ed economico dei veicoli elettrici sull’intero ciclo di vita, ci ha portati in un vicolo cieco. Ora, tornare indietro diventa difficile, anche perchè significa ammettere l’errore di valutazione fatto a suo tempo. Il rimedio ci potrebbe essere, se l’Europa modificasse l’attuale programma sulla transizione ecologica, permettando l’esistenza in vita anche delle motorizzazioni endotermiche tradizionali alimentate da combustibili ecologici, che, oltre a consentire un’abbattimento notevole delle emissioni, permetterebbe anche il mantenimento di una tecnologia avanzatissima, costruita nel corso degli ultimi anni, patrimonio unico dei paesi occidentali a maggior sviluppo. Questa potrebbe essere la soluzione per rimediare, e permettere a un comparto che tra costruttori e fliera dell’indotto comporta l’occupazione di circa 1,5 milioni di persone, lasciare le cose come sono ora vuol invece dire perdere per strada almeno il 20-30% della forza lavoro con ripercussioni inimmaginabili su tutto il comparto, dalla produzione alla manutenzione e alla riparazione dei veicoli. Pensare che nel tempo le fabbriche europee, pur con tutte le collaborazioni possibili accese con il mercato asiatico, risolvano il problema dei costi, è pura utopia, lo stesso dicasi per per gl’incentivi statali e la cassa integrazione, che prolungano l’agonia, permettendo la sopravvivenza alle aziende e in qualche caso dei mercati per periodi limitati, con dispendio di ingenti capitali a fondo perduto.

Fiducia nel futuro

La nuova commissione UE, insediatasi oggi, avrebbe un’occasione unica per rimediare senza rimetterci la faccia, ottenendo un valido compromesso tra inquinamento, costi e mantenimento della produzione industriale.

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