Dopo l’ultima (ennesima) ordinanza della Cassazione (10686/23 del 20 aprile) sull’antieconomicità della riparazione, quando questa supera il valore dell’auto, occorre fare un’ulteriore chiarezza sull’argomento, già abbondantemente trattato nel recente passato dalla stessa Cassazione e da noi commentato (Vedi l’articolo precedente). I tempi cambiano velocemente, ma non così tanto da modificare nel giro di qualche mese un argomento che, nel bene o nel male, ha da sempre destato controverse interpretazioni e diversi anni per raggiungere un certo equilibrio. L’informazione data da alcuni siti internet da un’interpratazione dell’ordinanza che potrebbe alimentare errate aspettative da parte degli autoriparatori e dei loro clienti che superano quanto previsto dai giudici della Suprema Corte, verso soluzioni poco praticabili, con tempi di soluzione alquanto lunghi e dispendsiosi.
Noi, non siamo possessori della verità, ma ci limitiamo a razionalizzare i contenuti e le informazioni raccolte nel corso del tempo sull’argomento. La sentenza di cui si fa cenno in realtà non modifica il precedente orientamento di riparazione possibile anche quando il costo supera il valore del veicolo, ma ne delinea e specifica i contenuti. É poi l’interpretazione che viene data e la ripercussione che a cascata viene rimbalzata sui siti internet che la fa diventare una verità per chi della materia non conosce (o conosce poco) la storia, la ratio e tutti i passaggi che hanno portato la Suprema Corte alle varie ordinanze. La sentenza in esame, oltre che ribadire i concetti di superamento condizionato del costo della riparazione, va oltre e ne indica anche l’orientamento con un’elaborazione lessicale che non è contraria a quelle precedenti, e che nella sostanza dice la stessa cosa. La disquisizione ancora una volta si basa sul risarcimento per equivalente (denaro) oppure in forma specifica (riparazione) e ne decreta la legittimità del risarcimento per equivalente, quando il costo della riparazione è ritenuto “notevolmente eccessivo” rispetto alla soluzione in forma specifica, rammentando che in tema di responsabilità civile, secondo cui il risarcimento deve essere integrale, non può eccedere la misura del danno e comportare un arricchimento per il danneggiato. E proprio sul termine “indebito arricchimento” che si scatenano le varie interpretazioni, sostenendo che qualunque sia il costo della riparazione su un veicolo incidentato non comporterà mai un aumento di valore del veicolo. A tal proposito basterebbe estremizzare il concetto di valore su una riparazione di una vettura vetusta di poco valore, con lamierati parzialmente corrosi e verniciatura fatiscente, che nella riparazione acquisisce una rigenerazione, seppur parziale e contestualmente un corrispondente valore superiore.
I giudici non fanno altro che ribadire la possibilità di superamento del valore del veicolo, anche “notevolmente”, tenuto conto di tutte le spese in aggiunta necessarie per la sostituzione del veicolo incidentato (rottamazione, spese per nuova immatricolazione, bollo non goduto, fermo recupero analogo mezzo), ma non ne delimitano i contenuti se non nella parola “notevolmente”. Il fatto che i giudici abbiano adottato questo termine non sposta la questione, non si tratta di riparazione illimitata che con l’aggiunta delle spese accessorie, pur superando il valore antesinistro, non può essere intepretata tout court all’infinito. Il limite in realtà è stato delineato in precedenza da altre ordinanze della Suprema Corte. A tal proposito, e al fine di non ripetere le stesse cose già ampiamente illustrate, vi rimandiamo all’articolo precedentemente indicato (Vedi l’articolo precedente).
RIPRODUZIONE RISERVATA ®