Una manovra che dura da anni, la Cina è sulla strada buona per prendere il posto nei mercati automotive finora di esclusiva dominanza Europea. L’accerchiamento è stato gestito abilmente dal governo Cinese, d’apprima con l’acquisizione nel mondo delle fonti di materie prime, indispensabili per l’industria in generale e, nel nostro caso, per l’automotive. Ora i frutti sono maturi ( i primi raccolti a onor del vero ci sono già stati da anni), e l’espansione sui mercati europei, sfiancati da pandemia e dalla mancanza di elementi essenziali per l’industria costruttiva di componenti ad alta tecnologia, si stà completando con l’invasione dei prodotti e delle auto cinesi. Ovviamente stiamo parlando dei veicoli elettrici sui quali il quasi monopolio, per il mercato occidentale, è appunto la Cina con la sua produzione di batterie. I segnali li abbiamo avuti chiari con le recenti fiere di settore: Eicma , Autopromotec, Automeckanica ed Equipauto, dove si è registrata una presenza cinese notevolmente aumentata e particolarmente incisiva.
Chi ci gradagna e chi ci perde in questa nuova fase di mercato? Certamente l’Europa è quella che ne paga il maggiore scotto, gravata anche dalla crisi energetica dovuto alla guerra in Ucraina, e l’Italia in primis, come maggior fornitore di sistemi per l’industria europea dell’auto. L’onda lunga cinese è ormai avviata e purtroppo inarrestabile. Le strategie messe in campo per avanzare nei mercati è stata messa in atto abilmente e interviene in un momento particolarmente favorevole, dove i mercati europei fanno fatica a soddisfare la richiesta di auto con nuova tecnologia, se non dopo svariati mesi e con numeri limitati. A questo si devono aggiungere i costi aumentati per il rincaro delle materie prime, dell’energia e di tutto l’indotto che di fatto ha messo fuori mercato l’industria europea rispetto alla concorrenza cinese. La Cina consapevole che una sua presenza diretta sarebbe stata dirompente e foriera di difficoltà burocratiche, si è affidata per la penetrazione della vendita di auto a società capaci di operare a livello mondiale. Chery è un nome che a molti non dice nulla, ma è la marca cinese che negli anni ’90 doveva costruire e commercializzare alcuni modelli Alfa Romeo e Fiat in Cina, poi non se ne fece nulla, ora torna in auge debuttado in Italia e in Europa con un suv elettrico.
E, gli Stati Uniti in questo frangente, stanno a guardare? Certamente, traggono vantaggio anche loro dalle materie prime e dall’energia, per i quali non hanno particolari problemi. Il dollaro, nonostante tutto, ha avuto il maggior rialzo dal 2015 (solo nel 2022 è cresciuto dell’8,2%). Ma anche loro non hanno da sorridere, Wall Street ha avuto la peggior performace dal 2008, mentre l’Europa la peggiore dal 2018 con una perdita secca di circa il 15% di valore. A questo ha portato l’inflazione e la conseguente stretta monetaria con il rialzo dei tassi d’interesse bancari.
Il 2023 appena iniziato, non offre spunti di particolare ottimismo, se non dare credito alle imprese e all’imprenditorialità del nostro paese di saper reagire tempestivamente alle nuove esigenze dei mercati e dal dirompente cambiamento tecnologico. Rimaniamo ottimisti poichè la storia insegna che dopo un tracollo economico, finanziario, industriale, c’è sempre un ripresa, per capire come e quando avverrà, non ci rimane che attendere.
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