Chi lo dice che la tranzizione ecologica è la fine delle motorizzazioni endotermiche, sicuramente molti gruppi di costruttori che hanno investito ingenti quantità di risorse economiche sui veicoli elettrici. Rimangono scettici invece altri costruttori e soprattutto chi fornisce componenti per l’auto, che vedono ancora vita nelle motorizzazioni endotermiche evolute per tecnologia e carburanti alternativi. Noi, da queste pagine, abbiamo sempre sostenuto che chi produce compenenti per l’automotive, e l’Italia è uno dei principali produttori, non può abbandonare questo tipo di produzione e commercio, ma che però, contemporaneamente, dovrebbe creare un doppio binario per i veicoli elettrici, che bene o male entreranno sempre più in circolazione, man mano che passono gli anni e ci si avvicina alle date fissate per la fine della transizione. Secondo un report promosso da Motus-E (che ha visto coinvolte anche ANFIA e ANCMA ed è basato su interviste a 122 aziende italiane attive nella mobilità tradizionale ed elettrica), il 65% degli operatori della componentistica la mobilità elettrica non è ancora una priorità, mentre il 40% degli operatori che si stanno ri-specializzando sono gli OEM (Original Equipment Manufacturers).
La verità, come spesso accade, non è una sola e sicuramente non è solo tecnologica, ne ecologica. I giochi geopolitici che girano attorno all’automotive mondiale sono enormi e cè chi gioca le sue carte per detenere il potere di decidere quello che è meglio e quello che e più conveniente. I mercati asiatici, e la Cina in particolare, questo “gioco” lo stanno portando avanti da tempo: dapprima con l’acquisizione delle produzione di matere prime e conseguentemente con la fabbricazione di batterie per la mobilità elettrica (e non solo), spiazzando molte altre nazioni, tra cui l’Europa, che annaspa per trovare soluzioni alternative o appoggiarsi al mercato cinese per far fronte agli impegni presi e continuare il business elettrico, ormai avviato.
Ma come tutte le cose di questo mondo si scoprono altri scenari. Risale a non più tardi di due settimane fa la nascita di una Join venture tra il colosso cinese Geely e Renault sui motori termici (dopo che la fabbrica francese aveva già ceduto al gruppo di Li Shufu un terzo della sua controllata coreana). Allora c’è da pensare che la scadenza per le motorizzazioni endotermiche al 2035 vale solo per alcuni paesi e per alcune tipologie di veicoli prevalentemente le auto, sicuramente non vale per il sud America, l’India e l’Africa.
Inoltre, per l’Italia la Fit for 55, recipita dal Governo italiano, ha fatto scattare la fine delle motorizzazioni endotermiche per i furgoni e il veicoli per il trasporto leggero al 2040. Moto e ciclomotori non se ne parla, anche se l’industria dei costruttori si è già messa in moto.
La morale di tutto ciò e che sicuramente dovremo fare i conti con il cambio tecnologico verso l’elettrico, molto graduale, fino alla decarbonizzazione globale prevista al 2050. Di tempo ce n’è e come abbiamo visto quando c’è la necessità il 40% dei produttori di componentistica si sono adeguati, ma per contro il 65% non ha ancora preso una decisione, che però ci deve essere e non si può aspettare lo “scatto dell’interruttore”. Il tempo fa maturare anche altre decisioni che attualmente stanno dando risultati in temini di contenimento delle emissioni di CO2. I motori termici posso essere adattati all’utilizzo degli e-fuel, i carburati sintetici puliti che non derivano dai combustibili fossili. La stessa Formula 1 e le gare di moto GP ne faranno uso da qui al 2024 e 2030, senza nulla togliere alle gare con le motorizzazioni elettriche.
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