I dazi sono giusti o sbagliati?
Con l’intenzione di far ritornare la produzione verso gli Stati Uniti, Trump immagina che i dazi possano generare entrate sufficienti a ripianare il deficit federale. In realtà si tratta di una illusione.
Apparentemente i dazi USA pare non siano stati creati seguendo un criterio logico, per come sono stati applicati nei vari paesi del mondo, in realtà sono frutto di un algoritmo che, con pochi dati, ha stabilito le percentuali.
I dazi sono frutto di un’elaborazione matematica che contempla diverse interpretazioni.
Per esempio, per l’Unione Europea il surplus che ne deriva è del 39% delle sue esportazioni verso gli USA. Pertanto, la formula ha lo scopo di calcolare la tariffa aggiuntiva necessaria per portare il suprplus a zero, solo che nel calcolo viene indicata erroneamente l’IVA come se fosse un dazio.
Esposizione dell’Italia
L’Italia è uno dei paesi maggiormente esposti, come si può rilevare dal grafico.
I settori principali sono quelli dei macchinari, dei prodotti chimici e dei manufatti finiti, che insieme valgono rispettivamente il 77% e l’82% delle esportazioni verso gli Stati Uniti. L’Italia sui manufatti finiti è maggiormente esposta (19% vs 11% della UE), mentre il settore alimentare è esposto per oltre il doppio della UE, (11% vs 5%).
Effetto sulle economie
L’economia americana nel breve periodo si contrarrebbe dello 0,17%, mentre quella europea in media dello 0,41%. Tra i grandi paesi UE la più colpita sarebbe la Germania, che esporta verso gli USA beni per un valore vicino al 3,5% del PIL. Per confronto, l’Italia arriva al 3% e la Francia si ferma all’1,9%, e ciò si riflette sull’impatto previsto.
Peso dei dazi sul PIL italiano
L’esposizione dell’Italia ai dazi USA per l’importazione di auto è seconda solo alla Germania e il peso sul PIL è stato calcolato, allo stato attuale, di circa 0,3%-0,4%.
Nei prossimi dodici mesi, infatti, gli USA potrebbero raccogliere 280 miliardi di dollari in dazi, una cifra 8 volte superiore rispetto al 2017 e un aumento di oltre 200 miliardi rispetto all’anno scorso. Come si può notare, tuttavia, anche queste nuove entrate non sarebbero in alcun modo sufficienti a coprire il deficit federale programmato. Anche dopo l’introduzione di questi dazi “storici” il deficit federale, anziché diminuire, potrebbe presto superare quota 2.000 miliardi.