
Siamo alle solite, vi ricordate quando un po’ di anni fa abbiamo assistito all’invasione dei prodotti cinesi sui nostri mercati, molti clonati, a prezzi decisamente inferiori? Ebbene, molti ne hanno fatto le spese, ma molti altri hanno capito che dovevano lavorare sulla qualità e non sulla quantità, che i servizi potevano fare la differenza. Oggi il prodotto Italiano è riconosciuto e ricercato proprio per questo: qualità, innovazione e anche se costa di più il consumatore lo preferisce capendone il valore intrinseco.
Pochi hanno raggiunto la tecnologia che il nostro Paese possiede e questa si basa prevalentemente sulla manifattura, sulla meccanica, sulla precisione, sulla ricerca e sulla qualità dei materiali e, tutto ciò lo volete buttare alle ortiche? Personalmente penso proprio che nei tredici anni che abbiamo a disposizione per la transizione ne vedremo ancora delle belle. Una cosa sarebbe opportuna, mantenere il “doppio canale”, magari quello endotermico con regole meno restrittive e con innovazioni tecnologiche che la ricerca sta portando avanti per avvicinarsi alle restrizioni volute dall’Europa. Altrimenti… facciamo solo un grande assist alla Cina. C’è un dilemma che mi assilla, non è che per caso, alcuni paesi d’Europa non riuscendo a raggiungere l’uva sostengono che tanto è inutile perchè è acerba e, in questo, creano più difficoltà a chi invece è in grado di cogliere l’uva matura, ambita da tutti i consumatori.? Mah!
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