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Inutile sottolinearlo, l’argomento di questi ultimi tempi che ha investito l’Europa, riferito all’industria e all’intera filiera dell’auto, è quello della crisi che sta attraversando il mercato dell’auto. Il calo della vendita di auto elettriche è stato il segnale di guardia, per una rivoluzione in negativo dell’intero settore.
Stiamo assistendo a commenti di autorevoli esperti, richieste delle associazioni di settore che, oltre a criticare le scelte fatte, suggeriscono rimedi per il futuro, nella speranza di uscire il più in fretta possibile da questa situazione negativa. Noi ci limitiamo a registrare i fatti e a fare di conto con la realtà attuale, che in sostanza vuole  l’abbandono delle motorizzazioni endotermiche graduate nel tempo, le problematiche legate all’attuale mobilità elettrica, i costi, lo smaltimento dei veicoli e, da non sottovalutare, il diverso approccio del consumatore verso il prodotto auto, visto sempre più come servizio che come un bene proprio.
La storia evidentemente non ha insegnato nulla ai legislatori che hanno emanato le disposizioni del regolamento “Fit for 55”, con penalizzazioni progressive per i costruttori che non  si adeguano alle sempre più riduttive emissioni inquinanti (CO2).
La scelta del tutto elettrico non ha funzionato all’inizio dell’era dell’automobile, oltre 100 anni fa, e sarà relegata oggi e presumibilmente in futuro a una mobilità di nicchia. Tutto questo è inevitabile a causa della tecnologia che impone come “carburante” l’energia elettrica, con accumulo nelle batterie che, seppur migliorate nel tempo, presentano ancora problemi di utilizzo notevoli, se paragonati all’abitudine ormai consolidata da oltre un secolo sui veicoli endotermici. Problemi che già nel passato avevano fatto propendere per i motori funzionanti con carburanti fossili.
La scelta fatta dalla UE è stata evidentemente ideologica, che però non ha tenuto conto della quasi impossibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati, se non  affossando le industrie nazionali e le filiere di riferimento, con il coinvolgimento di centinaia di migliaia di lavoratori, a favore di chi il processo di elettrificazione dei veicoli l’aveva già messo in atto da anni (Cina).
La morale di tutto ciò è che l’addio all’endotermico mette al bando oltre 200 anni della storia dell’auto e migliaia di brevetti, dando un colpo mortale e un vantaggio competitivo eccezionale alla concorrenza. Un’analisi più accurata e realistica effettuata sull’intero ciclo di vita del veicoli elettrico,  con le nuove tecnologie ci avrebbe portato a una diversa valutazione, anche delle emisssioni inquinanti.
La crisi profonda in cui versa il mercato automotive europeo forse farà propendere l’Europa a rivedere alcune regole, ma certo non potrà cambiare l’impianto gi prefissato che ha già convolto i costruttori di veicoli con inbvestimenti che globalmente sfiorano i 330 miliardi di euro nello sviluppo e nella produzione.
Oggi occorre rivedere la politica industriale verso le nuove tecnologie e la riduzione del costo del lavoro e, sopratutto da noi in Italia, sul costo dell’energia, adottando un modello graduale per sostituire nell’arco di pochi anni i modelli di veicoli più inquinanti con quelli di ultima generazione euro 6-7. Quindi meno ideologia e più concretezza e fattibilità con la convinzione che l’Italia è in grado di giocare in europa un ruolo forte a difesa dell’industria, che senza la manifattura viene anche meno l’intero modello UE di benessere e di Welfare.

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